Un approccio sistemico alla laguna: modello concettuale e punti di riferimento internazionali
Come scrive Farinelli1: «per trasformarsi in fatti gli eventi, o le forme, debbono collocarsi in un modello che li precede e proprio per questo è in grado di assegnare loro un significato, al cui interno dimensione spaziale e dimensione temporale risultano inestricabilmente connesse, e l’un l’altra dipendenti. Quello su cui bisogna ragionare attualmente è che la tavola incorpora già da sola un ragionamento, esprime una connessione ancora prima che un segno appaia sulla sua superficie». Qual è dunque il modello che «precede» la stesura delle carte e dei tematismi? Consci che il materiale disponibile era prevalentemente locale, abbiamo voluto comunque riferirci concettualmente ad un contesto più ampio, ancorandoci a tre capisaldi di riferimento. Il primo punto di riferimento del nostro modello concettuale è quello dell’approccio integrato tra ambiente terrestre e marino, che a livello mondiale ha trovato elaborazione in termini scientifici e sintetici nel progetto LOICZ (Land Ocean Interaction in the Coastal Zone, interazione terra-mare nella fascia costiera). Questo approccio fa parte dei programmi mondiali sui cambiamenti climatici (IGBP, International Geosphere Biosphere Programme). Benché nato per uno studio concernente le capacità degli estuari di metabolizzare nutrienti, l’approccio vuole sottolineare l’importanza delle zone di interfaccia tra terra e mare (le lagune, le zone costiere, le foci fluviali, le cosiddette Zone di Transizione) e l’esigenza di proporne uno studio coordinato e integrato. Recentemente (giugno 2005)2 questo approccio è stato aggiornato e focalizzato nel concetto di “Coastal fluxes in the Anthropocene”3 (flussi costieri nell’Antropocene). Il termine Antropocene4 è un neologismo utilizzato per descrivere il periodo più recente della storia della terra, iniziato nel XVIII secolo, quando le attività dell’uomo hanno incominciato ad avere significativi impatti a livello globale sul clima e gli ecosistemi terrestri. Il termine è stato coniato nel 2002 da Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica, il quale vede l’influenza dell’umanità sulla terra nei secoli recenti talmente importante da costituire una nuova era geologica. Il secondo punto di riferimento concettuale è stato quello della gestione integrata delle zone costiere, che nel 1989 è stata definita dall’International Coastal Zone Workshop nel seguente modo: «un processo dinamico nel quale viene sviluppata e messa a punto una strategia coordinata per l’individuazione degli usi multipli ambientali e socio-culturali sostenibili della zona costiera».5 L’Unione Europea definisce la Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC)6 come un approccio basato su alcuni principi comuni, quali la volontà di preservare l’ambiente fisico, ecologico, culturale e sociale delle aree costiere; la necessità di integrazione tra differenti settori e tra differenti attori (società, sistema economico, istituzioni di vari livelli gerarchici) e la volontà di creare partecipazione e consenso nelle strategie adottate. Il terzo caposaldo è legato alla proposta, relativamente recente, di riconoscimento della Laguna di Venezia come sito Ramsar.7 Infatti proprio a Venezia, già nel giugno del 1996, il segretariato MedWet (Mediterranean Wetlands) organizzò una conferenza internazionale che si concluse – appunto – con la Venice declaration, che adottava una strategia formale per la conservazione delle zone umide del Mediterraneo. In quella occasione il Ministero dell’Ambiente italiano presentò un piano nazionale per l’applicazione del concetto di “uso saggio” (wise use) delle zone umide. Inoltre, da un paio di anni è in atto un procedimento per designare l’intera laguna quale zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar8, che nell’estate del 2004 sembrava essere in dirittura d’arrivo. Il decreto governativo, una volta firmato, dovrebbe impegnare lo stato italiano davanti alle 130 nazioni aderenti alla Convenzione a fare proprio il principio e l’obiettivo della preservazione della laguna e del suo ecosistema. Le attività umane tutte – produttive, turistiche, portuali ecc. – dovrebbero essere governate secondo una prospettiva integrata e complessiva che abbia come traguardo il ripristino del carattere ecologico del sito. Se fino ad oggi gran parte delle risorse erano destinate alla salvaguardia di Venezia, con l’elezione a sito Ramsar il baricentro della tutela si dovrebbe estendere a tutto il sistema-laguna la cui integrità è ritenuta essenziale e fondamentale per la stessa sopravvivenza fisica di Venezia. Ci sembra quindi che i tre punti di vista utilizzati nel nostro modello concettuale portino concordemente ad un’esigenza di studio integrato per terraferma e mare (LOICZ), alla necessità di una strategia coordinata per giungere ad usi multipli ambientali e socioculturali della zona costiera che siano sostenibili (GIZC), e a promuovere un uso saggio degli ambienti costieri (Ramsar). L’UNESCO9 integra questi punti aggiungendo l’importanza dello sviluppo di una dimensione etica nella GIZC, e linee guida specifiche sono state elaborate anche nell’ambito della Convenzione di Ramsar.10 Diventa quindi cruciale interrogarsi sul ruolo, sia attuale che passato, della laguna per la città di Venezia e viceversa. Su questo tema molto è stato scritto, ed è interessante in questo contesto il parallelo con la discussione che si è sviluppata sulla collocazione temporale dell’inizio dell’Antropocene. La proposta di Crutzen è per la fine del XVIII secolo, in concomitanza con l’aumento considerevole di anidride carbonica e metano nel ghiaccio polare. Questo periodo a Venezia coincide con la fine della Serenissima Repubblica. Alcuni autori hanno definito la politica della Serenissima “ecologica” (e/o sostenibile)11 e su questo ci sarebbe da discutere a lungo. In realtà, la visione unitaria di Sabbadino sulla laguna (assimilata ad un organismo) era tutta finalizzata alla gestione unica, subordinata alla volontà e alle decisioni di Venezia (il cuore), che aveva perciò conquistato il controllo anche del bacino scolante percorso dai fiumi sversanti in laguna. La laguna era comunque considerata un bene supremo collettivo: era il territorio che assicurava alla comunità la possibilità di vivere e prosperare, essendo nel contempo una liquida cintura protettiva, garante di libertà e indipendenza. I pur comprensibili interessi privati a sfruttare particolari ambiti della laguna vennero fortemente contrastati e subordinati all’interesse pubblico quasi fin dalle origini, come ci confermano tanti documenti di archivio12. Altro punto fondamentale per il modello di organizzazione dell’Atlante è il riferimento temporale: per Venezia noi dobbiamo necessariamente limitare il significato della parola Antropocene al XX secolo, utilizzando quindi il secolo appena trascorso come discriminante degli stravolgimenti morfologici (ed economico-sociali) che hanno portato molti autori (non solo scienziati) a parlare – a vario titolo – di “non sostenibilità”13, “marinizzazione della laguna”14, “Venezia come Disneyland” e “Laguna ferita”,15 ecc. Si deve comunque riconoscere che nemmeno questa visione di degrado è completamente condivisa, dato che è ancora molto viva la discussione tra sviluppo economico (presente e passato) di questo territorio e degrado ambientale accettabile. Il dibattito è tuttora molto acceso ed entra nelle vite di migliaia di persone tutti i giorni: c’è un prezzo da pagare per lo sviluppo (la ricchezza) raggiunto negli ultimi 40-50 anni da gran parte degli abitanti del Nord- Est? E in caso affermativo, è giusto che questo prezzo lo si paghi con la salute e la qualità ambientale? Per potersi confrontare con questioni di questo calibro alcuni autori hanno elaborato il concetto di debito ecologico16. Il debito ecologico è la quantità di risorse e di qualità ambientale che alcune parti del mondo ricco hanno sottratto per il loro “sviluppo” ad altre parti del mondo, attraverso lo sfruttamento del loro territorio e/o delle materie prime di cui ora i paesi sfruttati sarebbero “creditori”: la Laguna di Venezia sembra poter entrare in questo schema, ed essere “creditore ecologico” nei confronti del restante Nord-Est.

[1] Farinelli F., 2004. ritorna
[2] LOICZ II Inaugural Open Science Meeting. Coasts and Coastal People-Scenarios of Change and Response, 27-29 June 2005, Egmond aan Zee, Netherlands. ritorna
[3] Crossland C.J., Kremer H.H., Lindeboom H.J., Marshall Crossland J.I., Le Tissier M.D.A. (eds.), 2005. ritorna
[4] Crutzen P.J., 2002, 2005. ritorna
[5] CAMPNET, 1989. ritorna
[6] Doody, J.P., Pamplin C.F., Gilbert C., Bridge L., 1998. ritorna
[7] La Convenzione di Ramsar, ad oggi sottoscritta da più di un centinaio di paesi e con oltre 900 Zone Umide individuate nel mondo, rappresenta il primo trattato internazionale moderno per la tutela delle Zone Umide, sostenendo i principi dello sviluppo sostenibile e della conservazione delle biodiversità. ritorna
[8] La Convenzione internazionale relativa alle Zone Umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, meglio nota come Convenzione di Ramsar, fu firmata a Ramsar in Iran il 2 febbraio 1971 da un gruppo di paesi, istituzioni scientifiche ed organizzazioni internazionali partecipanti alla Conferenza internazionale relativa alle Zone Umide e degli uccelli acquatici. La Convenzione di Ramsar nacque dall’esigenza di invertire il processo di trasformazione e distruzione delle Zone Umide che sono gli ambienti primari per la vita degli uccelli acquatici, che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso diversi stati e continenti per raggiungere ad ogni stagione i differenti siti di nidificazione, sosta e svernamento. ritorna
[9] UNESCO, Coastal region and small island papers 11,Chapter 5 Ethical Dimension (http://www.unesco.org/csi/pub/papers2/domr10.htm). ritorna
[10] Resolution VIII.4 on Integrated Coastal Zone Management (ICZM). Valencia, Spain, 18-26 november 2002. ritorna
[11] Bevilacqua P., 1995. ritorna
[12] Marzollo A., 1995. ritorna
[13] Ghetti P.F., 2000; Tiezzi E., Marchettini N., 1998. ritorna
[14] Ravera O., 2000. ritorna
[15] Guerzoni S., Raccanelli S., 2003 ritorna
[16] Martinez Alier J., 1992; Ortega Cerdà M., Russi D., 2003; Martinez-Alier J., 2002. ritorna